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Personali.

Dal 1971 a oggi le mostre personali di François Bonjour segnano le tappe della sua ricerca: dalla prima a Campione d’Italia alle presentazioni in Svizzera e in Italia (Lugano, Locarno, Chiasso, Zurigo, St. Gallo, Milano, Torino, Venezia), spesso accompagnate da catalogo e, nel 2004, da un’antologica al Cavalier Pellanda di Biasca. Ogni personale mette a fuoco serie e materiali, carte, corde, segni, pellicole, mostrando come la materia diventi memoria e forma.

2025

The View Expo
Hotel The View - Lugano

Nel contesto esclusivo di THE VIEW Lugano – boutique hotel di lusso premiato come miglior Design Hotel svizzero – un’esposizione dedicata alle opere dell’artista ticinese François Bonjour. La mostra, inaugurata a maggio 2025, proseguirà per tutta la bella stagione fino a ottobre 2025, offrendo agli ospiti dell’hotel e ai visitatori l’opportunità di ammirare una selezione di opere recenti dell’artista (diversi lavori realizzati appositamente per l’occasione). Questa iniziativa conferma l’impegno di THE VIEW Lugano nel promuovere arte e design: il boutique hotel, già sponsor ufficiale della fiera d’arte WopArt nel 2018, trasforma i propri spazi in un’elegante galleria d’arte contemporanea affacciata sullo splendido panorama del Lago di Lugano.


Rassegna Stampa

2025

Other Places, Other Lives
Serene Gallery - Lugano

La mostra Other Places, Other Lives crea un dialogo inaspettato tra François Bonjour, artista ticinese di lunga data con sede a Dino, e Byron Gago, giovane artista emergente italo-ecuadoriano che ha vissuto a Lugano e ora lavora a Biel/Bienne.

François Bonjour lavora sia con opere bidimensionali che con la scultura. In tutte le sue opere degli ultimi decenni si possono trovare riferimenti all'Arte Povera, una presenza fondamentale nella sua formazione artistica. Infatti, lavora ancora con materiali che considera "la pelle delle città": corde, legno, cera e, soprattutto, carta - come quella di vecchi libri e quaderni, che incorpora non solo per la sua materialità ma anche per l'andamento ritmico delle pagine scritte. Questi materiali emanano una presenza umana, evocando vite non solo del passato ma anche proiettate verso il futuro - come i "germogli" presenti in molte sue opere, fatti di corda, che per lui simboleggiano nuova vita e rinascita. Continua la sua ricerca seriale basata sull'uso di materiali specifici.



Rassegna Stampa

2024

The Others Art Fair
Torino

Fiera d’arte contemporanea emergente svolta a Torino nei primi di novembre 2024. François Bonjour vi ha partecipato indirettamente tramite la galleria Unique Contemporary di Torino, che ha esposto una sua opera intitolata “48 Nuvole” (tecnica mista su carta, 2023) presso il proprio stand. L’opera di Bonjour figura infatti nel catalogo di The Others 2024, segnalando la sua presenza in questa fiera internazionale collettiva. Anche se non una mostra personale, la presenza di un lavoro di Bonjour in tale contesto indica la sua attività espositiva oltre i confini svizzeri, in ambito europeo.


Rassegna Stampa

2024

Segni e Sogni - La Cantina di Muzzano
Muzzano - Ticino

Fiera d’arte contemporanea emergente svolta a Torino nei primi di novembre 2024. François Bonjour vi ha partecipato indirettamente tramite la galleria Unique Contemporary di Torino, che ha esposto una sua opera intitolata “48 Nuvole” (tecnica mista su carta, 2023) presso il proprio stand. L’opera di Bonjour figura infatti nel catalogo di The Others 2024, segnalando la sua presenza in questa fiera internazionale collettiva. Anche se non una mostra personale, la presenza di un lavoro di Bonjour in tale contesto indica la sua attività espositiva oltre i confini svizzeri, in ambito europeo.

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Questo nuovo appuntamento espositivo di François Bonjour è uno sguardo sulla sua produzione più recente, naturale prosecuzione di un percorso sempre sorretto dal bisogno dell'artista di rinnovare gli stimoli della propria ricerca creativa. Negli spazi di Muzzano, la mostra diventa così una preziosa opportunità per conoscere meglio questo "artista-narratore". I lavori degli ultimi anni non smentiscono la coerenza di François, anzi, sembrano ancor più efficaci nel restituirci quell'universo intenso e vibrante a cui ci ha abituati e quel suo modus operandi che sa catturare la realtà riconsegnandocela sotto forma di tracce da interpretare. Lo vediamo bene nelle opere presenti in questa rassegna, intrise come sono dell'intimo sentire dell'artista che si manifesta attraverso i mezzi espressivi da lui preservati nel tempo e sviluppati con costanza e dedizione. Seguo il lavoro di François da un po' di anni e ciò che mi ha sempre colpito di lui è la sua capacità di restare fedele a una cifra stilistica elaborata con determinazione, mai sottoposta a convenzioni, ma portata avanti nel segno della piena libertà e con la voglia di ripartire a ogni risultato raggiunto. In François infatti è molto forte il senso della ricerca, dell'indagine, del continuo andare oltre ogni obiettivo conquistato. Con gli anni ho avuto la confema di quello che in realtà avevo subito percepito di François quando ho conosciuto lui e i suoi lavori: e cioè che è un artista autentico e profondo, un artista che non si sente mai arrivato e che con smette mai di esplorare le potenzialità insite nel processo creativo. Per questo François è sempre stato un instancabile sperimentatore, capace di trasformare le sue opere in racconti in cui la realtà viene sublimata e in cui ciò che è conosciuto convive con ciò che è ignoto, misterioso. Qualche volta ho ceduto anch'io alla tentazione di cercare di etichettare la sua arte, di ricondurla a un contesto specifico. Alla fine, però, ho sempre dovuto gettare la spugna perché il percorso di François è assolutamente peculiare e autonomo. Gode di una sua precisa identità poco accostabile ad altre esperienze. Vi si possono scovare richiami all'Arte Povera, nell'utilizzo di certi materiali, o assonanze con la poesia visiva, soprattutto per la tendenza a mescolare segno verbale e segno iconico, con l'intento di creare nuovi rapporti tra parola, immagine e spazio. L'arte di François trae sì linfa vitale dal confronto e dalla meditazione su ciò che accade attorno a lui. La verità, però, è che il suo lavoro sfugge a ogni tentativo di inquadramento. François è un po' un outsider. Fin dai suoi esordi negli anni Settanta, ciò che più interessa all'artista è fare dei propri lavori piccoli racconti dell'esistenza, brani dalle trame accuratamente composte con frammenti della realtà. La sua arte risponde a una precisa poetica d'intenti. François cerca di arrivare a noi per rivelarci appieno la forza della sua visione. Riesce a caricare le sue opere di una valenza universale, a coinvolgere chi le guarda in una narrazione pregna di significati la cui comprensione permette di addentrarsi in una dimensione contemplativa ma allo stesso tempo strettamente legata al reale. Le opere di François sono luoghi in cui l'accostamento dei materiali diviene un delicato racconto di esperienze e di riflessioni da condividere. Con il suo linguaggio evocativo, genuino e talvolta ironico, l'artista allestisce universi poetici di segni e di materie, di memorie e di sentimenti. E lo fa senza mai cedere nulla di quella sua ricchezza che consiste nel saper conservare, in un mondo e in una cultura globalizzanti, la propria individualità. "Nelle mie opere c'è la mia anima", mi ha detto François pochi giorni fa, quando sono andata a casa sua per vedere la sua produzione più recente. Nei suoi lavori si incontrano segni e tracce di una vicenda interiore capace però di legarsi a quella di ogni essere umano. Per dar vita alle sue opere l'artista sceglie materiali semplici che appartengono alla quotidianità. Questi elementi vengono da lui recuperati, prelevati dalla realtà, con l'intento di conferire loro una nuova vita, di investirli di significati inediti. François ne è attratto per la loro capacità di farsi tramite del suo intimo sentire e per il valore che rivestono per l'uomo. Attenzione però, François non si accontenta di quello che gli capita tra le mani, seleziona sempre con molta cura i suoi materiali inunaginando sin da subito il loro potenziale espressivo. L'artista sembra interrogare questi materiali, come se volesse coglierne l'essenza, sviscerarne il senso più profondo. I lavori di François divengono così territori popolati da libri (incarnazioni del sapere e custodi del grande potere della parola, diventati oggi quasi una reliquia nel mondo ipertecnologico), da pagine di volumi, da ritagli di giornali e da fogli, talvolta rari e preziosi. Per questi elementi François ha una vera e propria devozione: sono elementi che nei suoi lavori costituiscono un imprescindibile punto di riferimento perché, un bravo narratore come lui lo sa bene, sanno valorizzare l'incisività di un'opera d'arte. Accanto a questi oggetti, troviamo poi lo spago, la cera rossa, il legno, la stoffa, il plexiglas, e poi corde, scotch, fili di ferro, pigmenti. Tutti materiali che vengono combinati tra loro, aggregati, mescolati e spesso accostati alla scrittura, che è parte integrante dei lavori dell'artista ormai da molti anni. Una scrittura, quella di François, che si dipana silenziosa delineando un universo segnico raffinato. François genera spazi da esplorare, spaccati di esistenza e meditazioni sul tempo. Le sue sono nitide composizioni dall'impeccabile pulizia formale. Composizioni misurate ma fortemente evocative che l'artista organizza con perizia, calibrandone bene le proporzioni affmché ogni elemento all'interno dell'opera abbia un ruolo specifico nello svolgimento del "quadro-racconto". Queste opere ci appaiono così nel loro equilibrio, nella loro leggerezza ma anche nella loro urgenza espressiva e nella loro potenza narrativa. Accanto alle carte e alle pagine sovrascritte, dipinte, graffiate o piegate dall'artista, nelle opere qui esposte troviamo altro. Il repertorio di François si arricchisce di nuovi elementi. Ci sono ad esempio le radiografie, materiali molto peculiari, questi, che in realtà possiedono già delle caratteristiche estetiche proprie, con i loro chiaroscuri, i loro sfumati. Colpisce la scelta di queste radiografie. Per i medici sono i paesaggi della malattia o della salute, loro le scrutano per formulare diagnosi, le osservano nei minimi dettagli. Per l'artista sono forme, vibrazioni d'ombre, e soprattutto sono immagini che scandagliano l'individuo sotto l'epidermide. François sembra affascinato dal loro potere di svelare i meandri dell'uomo, le regioni più recondite del suo corpo, di sviscerare ciò che l'essere umano custodisce dentro di sé. Nei lavori di François le radiografie si affiancano così a carte e pagine, accolgono fogli ripiegati, fili, spago fungendo da inedito supporto che partecipa allo stratificarsi di materia, colore e segno, espandendo e potenziando il significato dell'opera. Ci sono poi altri lavori, alcuni di più grandi dimensioni, in cui l'artista affida al filo di spago il compito di esplorare cosa si nasconde dietro alle apparenze. Questi fili si insinuano sotto carte, fogli e pigmenti percorrendo segretamente l'intera estensione della superficie dell'opera, creando nuove traiettorie e tracciando nuove vie per poi riemergere con le loro punte dipinte di rosso come fossero i semi, i germogli di nuovi racconti di vita. Origine e principio di nuove storie. Anche questi sono lavori recenti. Qui François sembra aver attuato una lenta decontaminazione dal superfluo, una graduale rinuncia a tutto ciò che non è più indispensabile alla comunicazione del suo pensiero. Affiora in maniera evidente una tensione verso l'essenzialità. Si colgono una maggiore nitidezza, una sobrietà compositiva e una leggerezza d'insieme che sanno racchiudere con delicatezza la forza del messaggio dell'artista. Sono opere più rigorose, minimaliste. Semplici ma allo stesso tempo potenti. In mostra è presente anche una scultura, emblematica della capacità di François di trasporre le sue visioni nella terza dimensione. Nella scultura l'artista riesce a far coesistere tensioni materiche e contrasti concettuali in equilibrate composizioni, come accade in questa sorta di stele in legno ricoperta di carte, fogli e colore, dove pagine piegate sono state deposte con cura a scandire la superficie dell'opera, quasi a simboleggiare una lenta ma inesorabile ascesa verso l'alto. In tutti i lavori di François, il sedimentarsi dei diversi elementi diventa così il sedimentarsi del pensiero dell'artista. La loro accurata sovrapposizione schiude molteplici livelli di narrazione, generando uno spazio dinamico e palpitante. Di un'armonia e di un equilibrio impeccabili, queste opere si fanno meditazioni ancor più profonde sull'uomo e sulla sua capacità di vedere oltre la materialità delle cose, oltre la realtà. Si fanno microcosmi, accoglienti e insieme ammalianti, che sanno raccontare ed emozionare con rinnovata intensità.

di Alessia Brughera



2024

YouNique Fine Craft Art & Design
Lugano

Quinta edizione della mostra-mercato, tenutasi dal 22 al 24 marzo 2024 a Villa Ciani. François Bonjour era di nuovo presente come espositore in collettiva, insieme a una selezione internazionale di gallerie e artisti indipendenti. La sua partecipazione è attestata nell’elenco ufficiale degli artisti protagonisti del 2024, che include “Francois Bonjour” tra i nomi di rilievo.



2021

Scritture Dipinte
Biblioteca Cantonale - Lugano

Tra sale di lettura e scaffali – dalla Salita dei Frati alla Biblioteca cantonale di Lugano – le tappe espositive di François Bonjour nascono spesso in luoghi dove la pagina è protagonista. Da questi ambienti raccolti l’artista rientra nell’atelier di Dino e riparte verso musei e gallerie, anche oltre confine. La pratica, avviata nella pittura a olio, si è via via aperta alla tridimensionalità della scultura seguendo il filo dei materiali. Al centro resta la carta: non solo supporto ma tema, dove riemergono cronache e memorie — giornali e libri, lettere e messaggi, codici, timbri e sigilli — ricomposti in una cadenza visiva che restituisce l’intelligenza delle cose. La mostra nelle vetrine del piano −1 della Biblioteca cantonale di Lugano, a cura di Dalmazio Ambrosioni e visitabile fino a fine ottobre, rende chiaro questo metodo: le carte dipinte nascono da libri e codici salvati, riaperti alla vita; testi impaginati diventano superfici da rileggere con segno e colore; calligrafie antiche e contemporanee si incontrano; copertine ingiallite e polveri si trasformano in trama. Lo stesso amore per la pagina risuona nei volumi e nelle pagine dedicate all’artista: riflessioni scambiate, letture critiche, appunti condivisi. Tutto converge in un punto: per Bonjour il mondo dei libri non è un semplice archivio, ma il terreno vivo delle sue scritture dipinte, dove curiosità e desiderio di conoscenza alimentano ogni scelta formale.

2020

Villa Sassa
Lugano



2020

L'intelligenza segreta delle cose
Biblioteca dei Frati - Lugano / Catalogo

La mostra L'intelligenza segreta delle cose di François Bonjour, curata da Fabio Soldini e Alessandro Soldini, si è tenuta presso la Biblioteca Salita dei Frati a Lugano dal 13 febbraio al 28 marzo 2020. Il catalogo introduttivo mette in luce la lunga ricerca dell’artista nell’ambito del libro d’artista e della rivisitazione della pagina scritta come mezzo espressivo. Bonjour utilizza carte, libri antichi, frammenti di tessuto, spago, ferro, cera rossa e altri oggetti quotidiani, trasformandoli in opere che uniscono testo e immagine. Libri resi illeggibili e imprigionati nella cera o in gabbie di ferro, pagine sovrascritte con segni indecifrabili: i suoi lavori diventano “mappe” di un viaggio ideale alla ricerca di un significato nascosto, quell’intelligenza segreta delle cose suggerita dal titolo. Nei testi introduttivi si evocano riferimenti letterari – come il racconto Il libro di sabbia di Jorge Luis Borges – per sottolineare il carattere infinito e misterioso di queste opere, e si cita una poesia di Amedeo Anelli che invita a cercare il “disegno del mondo” celato nelle cose. L’artista stesso, nel testo La Biblioteca dei Segni, descrive il suo processo come una raccolta di frammenti di vita per salvare tracce e memorie che la frenesia del presente rischia di cancellare, invitando il pubblico a intraprendere con lui questo viaggio di scoperta.


2018

Must Gallery
Lugano

Nel saggio All’essenza della materia, Alessia Brughera analizza la pittura più recente di François Bonjour come approdo di un lungo percorso di purificazione e di sintesi. Dopo decenni di ricerca e sperimentazione, l’artista giunge a un linguaggio ridotto all’essenziale, fondato su pochi elementi — materia, parola, immagine — ma carico di una densità poetica e concettuale inedita. Bonjour sembra aver compiuto, scrive Brughera, una “graduale depurazione da ogni orpello”, un abbandono consapevole di tutto ciò che non fosse necessario alla rivelazione del pensiero. La sua è un’arte distillata e decantata, che nasce da un equilibrio fra impulso e riflessione, tra lirismo e disciplina. Nei lavori degli ultimi anni si percepisce una nuova lucidità, una “sobrietà lirica” che trasforma il gesto in evocazione. La materia non è mai puro mezzo tecnico, ma strumento di pensiero: la carta, la stoffa, la cera rossa diventano veicoli di un racconto intimo e universale al tempo stesso. Brughera descrive questa fase come un viaggio verso l’essenza, un cammino di interiorità che riconcilia la mano con la mente e la forma con il sentimento. I materiali poveri — fogli di carta, fibre, tessuti, frammenti, cere, pigmenti — sono usati con una cura quasi ascetica, fino a trasformarsi in metafore del tempo e della memoria. La cera rossa, in particolare, assume il ruolo di simbolo sacro, “croce e ferita”, materia viva e tormentata che parla di sacrificio e redenzione. Bonjour raccoglie i frammenti dell’esistenza per farne “strumenti di un racconto intimo”, organizzati in composizioni sospese, di impeccabile rigore formale e insieme cariche di umanità. Brughera interpreta questa stagione come la piena maturità dell’artista: un’arte misurata ma incisiva, dove la leggerezza diventa profondità e il silenzio prende la forma di una parola necessaria. Pochi segni, poche materie, ma ognuna essenziale, capace di restituire — senza retorica — la potenza di un pensiero limpido, il desiderio di Bonjour di raggiungere “l’essenza della materia” e, attraverso essa, l’essenza stessa dell’essere umano.

2018

Municipio di Bioggio
Bioggio


2017

Galleria Cittàdellarte
Venezia


2017

Torchio di Sonvico
Sonvico

Il potere narrativo della materia

di Alessia Brughera

La mostra al Torchio delle Noci di Sonvico ripercorre le tappe salienti della lunga ricerca di François Bonjour, artista ticinese d’adozione la cui opera sfugge a ogni classificazione. Tra riferimenti al Surrealismo, all’Arte Povera e alla poesia visiva, emerge una poetica autonoma fondata sulla libertà espressiva e sulla coerenza del linguaggio. Bonjour unisce pittura, scrittura e scultura in un dialogo continuo tra parola e materia, costruendo composizioni stratificate dove oggetti comuni – carte, legni, vetri, corde – diventano frammenti di memoria e meditazioni sul tempo. La scrittura, elemento ricorrente, si insinua come segno e come voce, invitando a una lettura personale dell’opera. I lavori recenti, in particolare quelli con la cera rossa, richiamano lo spirito ludico e concettuale degli esordi, trasformando l’ironia in metafora della condizione contemporanea. Con il suo linguaggio poetico e visionario, Bonjour costruisce piccoli universi in cui materia e parola convivono, offrendo un luogo in cui raccogliere, riflettere e raccontare.

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Non è facile etichettare i lavori di François Bonjour: vi si possono trovare rimandi al Surrealismo, richiami dadaisti, suggestioni legate all’Informale, riferimenti all’Arte Povera e assonanze con la poesia visiva, ma la verità è che sfuggono a ogni tentativo di ricondurli a un contesto artistico specifico, essendo prima di tutto manifestazione della volontà di sperimentazione e della piena libertà espressiva del loro autore. A testimoniare la capacità dell’artista, ticinese d’adozione, di elaborare una peculiare cifra stilistica da sempre affrancata da vincoli o convenzioni è una mostra allestita in questi giorni nei caratteristici spazi del Torchio delle noci di Sonvico, una rassegna che si pone come una piccola retrospettiva mossa dall’intento di presentare le tappe salienti della pluridecennale attività di Bonjour. Le opere raccolte in questa esposizione intessono una trama in cui si fanno evidenti le dinamiche e gli sviluppi di una ricerca artistica che ha fatto della coerenza il suo punto di forza. Una ricerca che procede fin dagli anni Settanta, caratterizzata da un continuo approfondimento del proprio linguaggio e da un avanzare risoluto che ha saputo rinnovarsi traendo linfa vitale dal confronto e dalla riflessione. Bonjour lavora attraverso la materia per giungere a una naturale fusione tra pittura, scrittura e scultura caricando le sue creazioni di una valenza universale e coinvolgendo chi le guarda in una narrazione densa di significati, la cui comprensione permette di addentrarsi in un mondo sublimato ma al contempo fortemente ancorato al reale. Nelle sue opere la parola incontra l’immagine, l’oggetto incontra la superficie generando spazi da esplorare con lo sguardo e con la mente, territori popolati da un intrico di colori, di materiali e di tracce che si fanno frammenti di esistenza e meditazioni sul tempo. L’artista li organizza con perizia, scandendone il ritmo, calibrandone le parti e soppesandone le proporzioni affinché ogni dettaglio abbia un ruolo specifico nello svolgimento della storia. Ne nascono piccoli palcoscenici in cui la vicenda umana viene narrata non da un singolo oggetto ma dallo stratificarsi di più elementi, sempre scelti accuratamente, che instaurano rapporti di tensioni e di corrispondenze l’un con l’altro. Narratore raffinato e arguto, Bonjour ci sprona così ad andare dietro le apparenze, a introdurci nei recessi degli agglomerati materici e cromatici, a oltrepassare la congerie di impronte per giungere a una realtà che racchiude in sé verità e visione. Non ci sono preziosismi nei lavori di Bonjour: gli strumenti con cui dà vita al suo linguaggio appartengono alla vita di tutti i giorni, sono reliquie del quotidiano che vengono investite di valori inediti. Carte, cartoni, legni, plexiglas, vetri e corde vengono combinati tra loro, aggregati, amalgamati con il colore e spesso accostati alla scrittura, parte integrante delle opere dell’artista ormai da molti anni. Una scrittura che sa insinuarsi silenziosa ad arricchire la composizione sotto forma di calligrafie flessuose, di ritagli di giornale e di pagine di libro, delineando un microcosmo segnico sciolto ed elegante in cui la parola, sia essa vocabolo vissuto o tratto puramente estetico, si presenta come un’esortazione alla libera lettura del dipinto. Tra gli esiti più recenti troviamo in mostra alcuni lavori realizzati nel 2017 che hanno il sapore di un ritorno alle origini. Si tratta di opere che richiamano concettualmente le creazioni degli anni Settanta, animate come sono dal medesimo spirito ludico e dalla stessa volontà di pungolare sottilmente il nostro pensiero attraverso allusioni che diventano giocose metafore della nostra epoca. Di particolare interesse, poi, sono i lavori in cui è protagonista la cera rossa, elemento molto caro a Bonjour, capace con la sua presenza vivida di mescolarsi con gli altri materiali sollecitando il fervore combinatorio della composizione. Con il suo linguaggio evocativo e misterioso, genuino e ironico, Bonjour appronta universi poetici di segni e di sostanze, di memorie e di sentimenti. Le sue opere si fanno contenuto e contenitore, quasi a dire che c’è ancora un posto sicuro, un luogo adatto, per raccogliere, riflettere e soprattutto raccontare.

2017

Macelleria dell'arte
St.Gallo


2017

Galleria il Raggio
Lugano


2015

Ex Asilo Ciani
Lugano


2015

Galleria Totem - Il Canale
Venezia

Nel saggio Le città parlanti, Chiara Gatti interpreta l’opera di François Bonjour come un atlante poetico di città immaginarie, in cui architettura, memoria e linguaggio si fondono in un racconto visivo intriso di suggestioni letterarie e mitologiche. Il testo, denso e visionario, evoca un parallelismo con le Città invisibili di Italo Calvino: luoghi sospesi tra sogno e rovina, tra materia e parola, popolati di voci, segni e frammenti di esistenze. Le “città” di Bonjour non sono paesaggi da abitare, ma organismi narrativi costruiti con i materiali della memoria — carte, libri, frammenti di legno, pigmenti, polveri e scritture — che l’artista assembla come un archeologo della visione. Ogni opera si fa racconto: le mura diventano pagine, le finestre parole, i tetti e le soglie si trasformano in spazi di dialogo tra visibile e invisibile. Nelle sue tele, la pittura si mescola alla scrittura e il colore alla calligrafia, dando vita a un linguaggio in cui la città è al tempo stesso corpo e pensiero, architettura e emozione. Gatti sottolinea come le composizioni di Bonjour sembrino respirare la stessa tensione delle antiche mappe: tracciati fragili e poetici che racchiudono il destino dell’uomo moderno, sospeso fra costruzione e disfacimento. Le sue città, “mute e parlanti”, conservano nei muri le storie del tempo e nei silenzi la musica del vento e delle voci perdute. In questa Venezia ideale, evocata dal ritmo delle sue tele, Bonjour costruisce una geografia della memoria: una mappa dell’anima dove i resti della parola e della materia diventano architetture del pensiero, testimonianze di un mondo che continua, nonostante tutto, a voler parlare.

2015

Galleria Unique
Torino

Nel saggio Risposte nella polvere, Luca Beatrice esplora l’universo di François Bonjour attraverso la lente della memoria e della scrittura, riconoscendo nell’artista svizzero un raccoglitore di segni e parole che resistono al silenzio digitale della contemporaneità. In un’epoca dominata da flussi incessanti di dati e messaggi effimeri, Bonjour riporta l’attenzione sull’oggetto, sulla materia e sulla manualità come luoghi di recupero della memoria e di resistenza poetica. Le sue opere nascono dall’ossessione per il libro e dalla fascinazione per la parola scritta, elementi che si intrecciano in un linguaggio visivo stratificato, dove collage, lettere, cifre e ritagli compongono narrazioni di pensiero e frammenti di vita. Beatrice descrive i suoi lavori come “pillole di umanità” salvate dal naufragio della comunicazione contemporanea: frammenti di tempo, di storia e di immaginario che, attraverso il gesto dell’artista, diventano messaggi di salvezza. Bonjour si muove fra pittura e scultura, facendo del libro un oggetto tridimensionale, sospeso tra parola e forma, da osservare più che da leggere. Nelle sue tavole e nei suoi collage, l’artista costruisce universi di citazioni e memorie, in cui l’immagine dialoga con la lettera e la materia diventa medium poetico. Beatrice riconosce in Bonjour un erede ideale del Nouveau Réalisme e delle poetiche dell’Arte Povera, capace di rielaborare i linguaggi del passato in chiave attuale. Le sue opere sono “risposte nella polvere”: tracce fragili ma luminose, testimonianze di un’umanità che ancora cerca senso nel caos dell’iperconnessione, e trova nella lentezza del gesto e nella densità della materia la propria forma di verità.

2014

Gli Eroici Furori
Milano / Catalogo

Nel testo La biblioteca della natura universale, Chiara Gatti racconta l’opera di François Bonjour come un viaggio poetico nella memoria del libro e nella materia del tempo. L’artista appare come un archeologo contemporaneo che scava tra le rovine del sapere cartaceo — legature, registri, carte ingiallite — per restituire vita e dignità a ciò che l’era digitale ha relegato nell’oblio. Nei suoi lavori, libri e frammenti si trasformano in paesaggi visivi, in luoghi sospesi tra passato e presente, dove la polvere diventa colore e la pagina si apre come finestra sulla memoria. Bonjour costruisce una biblioteca immaginaria popolata di segni, parole, carte e legni che diventano reperti, simboli di una conoscenza non perduta ma trasfigurata. Gatti descrive le sue opere come “camere del tempo” in cui il gesto dell’artista — preciso come quello di un entomologo — conserva, cataloga e al tempo stesso reinventa. Il libro, in questa visione, non è più un oggetto da leggere ma da abitare: un giardino in cui le parole si intrecciano alle foglie e la carta respira come un organismo vivo. Tra citazioni di Hesse e Pennac, il testo riconosce in Bonjour un collezionista di emozioni e un custode di memorie, capace di trasformare il passato in esperienza sensoriale. I suoi lavori non archiviano, ma seminano: sono pagine di sabbia, legno e inchiostro che germogliano senso, aprendo varchi tra parola e materia, tra ricordo e presenza. In questa “biblioteca della natura universale”, ogni opera di Bonjour celebra la sopravvivenza della bellezza silenziosa e la libertà del pensiero che continua a scrivere, anche quando tutto sembra già scritto.

2011

All'Angolo
Mendrisio


2011

Le finestre incantate - Spazio Ambiente
Locarno / Catalogo

Nel saggio Le finestre incantate, Dalmazio Ambrosioni racconta la pittura di François Bonjour come un’arte capace di suscitare interrogativi profondi e spiazzanti, di restituire alla materia quotidiana un’aura di mistero e di stupore. Le opere del ciclo 2008–2011 — pittografie e accumulazioni di segni, plexiglas, carte, pigmenti e luce — vengono lette come finestre aperte su un mondo sospeso tra realtà e immaginazione, memoria e visione. Bonjour rielabora materiali semplici e oggetti comuni per costruire un linguaggio simbolico dove si fondono architettura e scrittura, ricerca e sorpresa. Ambrosioni sottolinea come l’artista rinnovi il senso stesso della pittura moderna, facendo del processo di sperimentazione la propria cifra poetica: ogni quadro è un laboratorio di forme e memorie, un luogo in cui l’arte si interroga sul proprio destino e sulla propria essenza. Le sue immagini evocano l’eredità dei “giganti” dell’arte, dalle cattedrali romaniche ai maestri del Novecento, trasformando la memoria in forma viva. Bonjour dipinge come un visionario che costruisce mappe della conoscenza e della luce: superfici trasparenti che lasciano filtrare tempo e spazio, dove la pittura diventa scrittura luminosa e la luce stessa assume valore narrativo. Ambrosioni interpreta questa poetica come una “scrittura errante”, in cui la materia si fa segno e la luce diventa pensiero. Le finestre incantate di Bonjour non mostrano solo ciò che è visibile, ma lasciano intravedere l’invisibile: un varco verso l’altrove, dove l’arte conserva ancora la sua funzione di rivelazione, di memoria e di sogno. Un’arte che non descrive, ma interroga — e che, proprio per questo, incanta.

2010

Galleria Ostrakon
Milano / Catalogo

Nel testo Il quartiere delle montagne, Chiara Gatti descrive l’universo poetico di François Bonjour come un paesaggio dell’anima, in cui la montagna diventa metafora della memoria e dell’esperienza umana. L’artista, come un moderno viaggiatore romantico, risale i pendii del tempo alla ricerca di tracce, frammenti e rovine che raccontano la fragilità della civiltà contemporanea. La Gatti apre con un evocativo “antefatto” che collega il viaggio artistico di Bonjour a quello dei grandi narratori e pittori europei – da Stendhal a Friedrich, da Bruegel a Segantini – per sottolineare come le sue opere si nutrano di una stessa tensione verso il sublime e il mistero. Le montagne di Bonjour non sono luoghi da scalare, ma paesaggi interiori, città frantumate e rinascite, custodi di memorie perdute e di silenzi carichi di presenze. Attraverso carte, pastelli, collage e frammenti di materiali umili, l’artista costruisce un repertorio di “rovine poetiche” che rievocano l’eco di un mondo scomparso. Ogni opera è un’archeologia della visione: un tentativo di salvare la bellezza dispersa nelle macerie del quotidiano. Bonjour scava, raccoglie, conserva — come un paziente archeologo del contemporaneo — cocci di memoria e piccoli reperti che diventano reliquie di un immaginario condiviso. Gatti coglie nella sua pittura la capacità di trasformare la distruzione in rinascita, la perdita in racconto, la materia in emozione. Le sue “montagne” sono fiabe tascabili, diorami del nostro tempo, in cui fragilità e resistenza convivono. L’arte di Bonjour appare così come un atto di salvezza: una lenta, poetica ricostruzione delle città sgretolate della memoria umana.

2010

Galleria Mazzi
Tegna / Catalogo

Nel saggio Un parlare che da secoli dura, Claudio Guarda ripercorre l’evoluzione più recente dell’opera di François Bonjour, individuando nella sua pittura un ritmo interno che si fa linguaggio, memoria e canto visivo. La sua ricerca appare attraversata da un’aura musicale, dove segno, forma e colore si intrecciano come voci in una partitura. Bonjour trasforma il gesto in scrittura, la linea in suono, la superficie pittorica in una pagina attraversata da un flusso continuo di parole non dette ma percepite. L’autore riconosce nella produzione degli anni Duemila una maturazione poetica e formale: il segno, liberato dalla mera rappresentazione, si fa autonoma “scrittura del pensiero”, in cui il ritmo del colore e il respiro del gesto diventano sostanza della pittura stessa. Le opere come Messaggio con fessura (2009) rivelano un linguaggio che tende alla poesia visiva: trame di segni, frammenti di memoria, vibrazioni di tempo e spazio che parlano dell’esperienza umana più profonda. Guarda osserva come la pittura di Bonjour, pur muovendosi entro i territori dell’astrazione, non recida mai il legame con la realtà sensibile e la memoria delle cose. I cicli successivi — come quello delle Finestre — aprono letteralmente varchi tra interno ed esterno, tra visibile e invisibile, trasformando la superficie del quadro in soglia percettiva e spirituale. Nel suo linguaggio libero e ritmico, Bonjour sembra costruire un dialogo ininterrotto tra pittura e vita, tra gesto e parola, tra il tempo presente e la memoria del mondo. Un linguaggio che, come scrive Guarda, “da secoli dura”: una voce pittorica che continua a interrogare l’esistenza attraverso il silenzio del colore e la musica del segno.

2009

Totem - Il Canale Mazzi
Venezia / Catalogo

Nel saggio Le città parlanti, Chiara Gatti offre una lettura ampia e poetica della ricerca di François Bonjour, mettendo in relazione il suo universo figurativo con quello letterario di Italo Calvino e delle sue Città invisibili. Le “città” di Bonjour, scrive Gatti, sono organismi viventi, sospesi tra parola e materia, memoria e linguaggio: architetture fragili di segni, luci e ombre, costruite con la sapienza di un artigiano e la visione di un poeta. Le opere di questo ciclo non rappresentano città reali ma spazi interiori, luoghi della memoria e dell’immaginazione. Bonjour le costruisce come un urbanista della mente: accumula frammenti di carta, plexiglas, pigmenti, scritture, per edificare città che parlano, respirano, si sgretolano e si ricompongono nel tempo. Ogni quadro è un microcosmo brulicante di parole non dette, di finestre spalancate e porte socchiuse da cui filtrano voci e sussurri. Gatti paragona questa coralità visiva a un “caleidoscopio inafferrabile”, dove il linguaggio urbano diventa specchio delle nostre metropoli interiori, abitate da silenzi, incomunicabilità e desiderio di dialogo. Nel testo emergono echi di Klee, Balla, Hartung, Mathieu, Tàpies, ma anche di Calvino e Bellei, in un intreccio tra arte e letteratura che ridefinisce il concetto di città come forma dell’anima. Bonjour — scrive Gatti — “costruisce città” anche quando non dipinge architetture: i suoi quadri, i suoi libri, i suoi segni sono “pagine urbane” dove si depositano la polvere del tempo e la luce delle parole. Le “città parlanti” diventano così allegorie della conoscenza e del linguaggio, monumenti di scrittura visiva in cui la pittura si fa racconto e la materia diventa memoria. Le tonalità brune e nere, le scritture che “cadono a pioggia su lande desolate”, conferiscono alle opere una forza espressionista temperata da eleganza classica: “una pittura-pittura”, come la definisce l’autrice, che fonde gesto e costruzione, intuizione e misura. In essa si manifesta la tensione di Bonjour verso un’utopia visiva: quella di una città ideale, “fatta di simmetrie e prospettive perfette”, che però si sfalda nella polvere dei materiali e nel respiro della storia. Le città parlanti è così un viaggio nella memoria delle cose, dove l’arte diventa linguaggio e il linguaggio architettura: un modo di vedere e ascoltare il mondo attraverso gli occhi — “grigio-azzurri” — di François Bonjour.

2009

Galleria Bertoni
Zurigo / Catalogo

Nel saggio Il messaggio del tempo, Dominique von Burg, storica dell’arte e dell’architettura, indaga il linguaggio visivo di François Bonjour come un’elaborata riflessione sulla città, sul tempo e sulla memoria collettiva. L’autrice descrive l’artista come un interprete del nostro presente iperconnesso e caotico, capace di tradurre in immagini la vertigine della comunicazione contemporanea: un mondo dove la realtà accelera fino a sfuggire alla percezione e dove la parola, svuotata di senso, diventa segno archeologico. Bonjour, scrive von Burg, costruisce le sue opere come architetture del linguaggio. Tavole, tele e steli — come in Paginae di cielo o Palazzo (2009) — si popolano di alfabeti arcaici, arabeschi e segni che evocano antiche scritture, geroglifici e codici perduti. Le parole, più suggerite che scritte, assumono la forma di “messaggi” che piovono dal cielo e si accumulano sulla terra in ammassi di polvere e memoria. Questi frammenti, raccolti in strutture verticali e orizzontali simili a impalcature urbane, danno vita a un paesaggio simbolico che alterna distruzione e rinascita, silenzio e rivelazione. L’artista, osserva von Burg, “fa crescere nuove città sulle rovine delle città passate”, visualizzando la stratificazione delle epoche come nel lento formarsi del terreno archeologico. I suoi lavori, tra cui Caduta di polvere scritta, Immagini con finestre e Finestre nel cosmo (2009), intrecciano materiali poveri — carta di giornale, legno, vetro, plexiglas — in una grammatica visiva che fonde pittura, architettura e scrittura. Le superfici, declinate nei toni del bianco, grigio, azzurro e bruno, si aprono ora a spazi luminosi, ora a chiusure claustrofobiche, raccontando le due anime della città contemporanea: quella positiva e costruttiva e quella mostruosa e apocalittica. Von Burg colloca Bonjour nella genealogia di artisti come Klee, Picasso, Tàpies, Dada e i Surrealisti, ma ne sottolinea l’autonomia linguistica: i suoi “quadri-segno” non si limitano a evocare la scrittura, ma ne ricreano la sostanza spirituale. L’artista diventa così cartografo del tempo, capace di rappresentare le città come organismi viventi, dove passato e futuro, parola e immagine, si fondono in una narrazione senza fine. Il messaggio del tempo è dunque la visione di un mondo in trasformazione: un paesaggio di rovine e resurrezioni in cui i segni di Bonjour si fanno eco della memoria e presagio di ciò che verrà.

2008

Chiesa San Rocco
Ponte Capriasca / Catalogo

Nel saggio La modernità della contraddizione, Gianluigi Belleri interpreta l’opera di François Bonjour come un viaggio dentro l’uomo e le sue tensioni più profonde, un percorso che trasforma la pittura in specchio delle contraddizioni della modernità. L’autore apre il testo con un parallelo storico tra l’utopia rinascimentale della “città ideale” — simbolo di armonia tra interno ed esterno — e la ricerca contemporanea di Bonjour, che sovverte quell’ordine classico per restituire la complessità e la frammentazione del nostro tempo. Le opere di Bonjour nascono come pagine in cui il gesto diventa parola, il segno scrittura e la superficie pittorica un campo di relazioni. Nella loro costruzione ritmica e musicale, i segni si intersecano come alfabeti di senso, generando una narrazione visiva che è al tempo stesso intima e universale. L’artista indaga il rapporto tra spazio e corpo, tra materia e spirito, tra il dentro e il fuori, spingendo la pittura a farsi esperienza sensibile e meditazione. Belleri evidenzia come, negli ultimi lavori, le “finestre” di Bonjour si aprano su spazi collettivi, trasformando il quadro in metafora di comunicazione e di passaggio. Le sue superfici diventano membrane permeabili tra realtà e immaginazione, tra visione e memoria, tra tensione e quiete. Nel suo linguaggio stratificato e rigoroso, Bonjour rappresenta l’uomo contemporaneo diviso fra desiderio di perfezione e consapevolezza del limite. La sua opera approda così alla “modernità della contraddizione”: una pittura che accoglie in sé dubbi e speranze, armonia e dissonanza, diventando riflesso autentico delle ansie e degli aneliti che sostengono la vita dell’uomo moderno.

2008

Banca del Sempione
Chiasso / Catalogo

Nel saggio Le “paginae pictae” di François Bonjour, Dalmazio Ambrosioni analizza la pittura dell’artista come un percorso progressivo e coerente, un continuum di materia, spazio e pensiero in costante dialogo tra realtà e immaginazione. L’opera di Bonjour, scrive Ambrosioni, si muove in due direzioni parallele e complementari: quella dello spazio — inteso come orizzonte sconfinato che sfugge all’occhio per proiettarsi nella dimensione interiore — e quella del tempo, percepito come flusso che unisce passato e presente, memoria e percezione. La pittura di Bonjour è dinamica e musicale, costruita come una partitura di segni, ritmi e corrispondenze. Le immagini non rappresentano, ma “accadono”: diventano luoghi di transito tra il visibile e l’immaginato, tra la sostanza della materia e la leggerezza del pensiero. Ambrosioni definisce questa tensione una “vertigine classica”, in cui il rigore dell’impianto formale si fonde con l’energia del gesto e con la necessità di interrogare il senso stesso della pittura. I materiali — legno, vetro, plexiglas, carta, pigmenti — sono strumenti di una ricerca che attraversa i secoli, capace di unire l’eredità del mito e della tradizione umanistica con la sperimentazione contemporanea. La luce e il colore, protagonisti assoluti, agiscono come forze spirituali e costruttive: l’azzurro, in particolare, diventa simbolo di una tensione ascensionale, un’idea di infinito che non è cielo né mare, ma pensiero luminoso. Le superfici dipinte si trasformano in “pagine scritte”, dove il segno grafico assume valore linguistico e la pittura diventa forma di scrittura, memoria visiva e codice poetico. Ambrosioni inserisce Bonjour nella tradizione della “pittura-scrittura”, erede delle antiche “paginae pictae” medievali e delle sinopie rinascimentali, ma aperta alle contaminazioni dell’arte moderna e americana — da Rothko a Twombly, da Motherwell a Ryman. In questa sintesi fra gesto e linguaggio, la pittura di Bonjour non rappresenta un oggetto, ma un pensiero che si scrive nella materia: un atto poetico e conoscitivo insieme, dove segno, colore e luce raccontano la condizione umana come tensione verso l’infinito, la memoria e il sogno.

2008

Rivabella
Magliaso


2007

Macelleria D'Arte
St. Gallo / Catalogo

Nel saggio Messaggi dall’infinito, Walter Schönenberger interpreta la pittura di François Bonjour come un linguaggio che unisce scrittura e materia, gesto e memoria, in una continua oscillazione tra rigore e mistero. Le opere del ciclo analizzato si articolano in due famiglie: da una parte, le carte leggere e i “messaggi corsivi” — segni rapidi e istintivi, vicini alla scrittura automatica — e dall’altra, i lavori su tela, tavola e cartone, più densi e strutturati, dove il segno si fa costruzione e architettura. Bonjour compone le sue superfici come pagine di un libro infinito, in cui parole, tratti e incisioni diventano finestre di luce, varchi aperti sul mistero del tempo. L’artista costruisce “grate” e impalcature di segni, attraversate da linee e sovrapposizioni che richiamano antichi alfabeti, incisioni e codici perduti. In queste trame si intrecciano musica e ritmo, evocando un fluire continuo tra passato e presente, materia e spirito. Schönenberger sottolinea la dimensione poetica e simbolica del colore: il bianco e l’ocra come sabbia e memoria, il nero delle scritture come eco del pensiero, il rosso delle fiamme come energia vitale. Tutto, nei lavori di Bonjour, appare come un “libro ritrovato” di cui si è smarrita la chiave di lettura, un testo misterioso che l’artista ricompone attraverso il gesto pittorico. Le sue opere sono così “messaggi dall’infinito”: tracce di un linguaggio arcaico e universale, pittura come scrittura di conoscenza e di silenzio, capace di far emergere dal tempo frammenti di vita e risonanze spirituali. Bonjour trasforma la pittura in una lingua sconosciuta ma familiare — una musica visiva che parla alla memoria più profonda dell’uomo.

2006

Totem - Il Canale
Venezia / Catalogo


2006

Mosaico
Chiasso / Catalogo


2005

Compagnia del disegno
Milano / Catalogo

Nel saggio La pittura, lo sguardo “oltre i limiti”, Stefano Crespi esplora la pittura di François Bonjour come un atto di superamento continuo, un attraversamento poetico del visibile per giungere all’essenza nascosta del reale. Il titolo, tratto da una citazione di Friedrich Dürrenmatt, racchiude il senso profondo della ricerca dell’artista: “E all’improvviso si getta lo sguardo verso il mondo”. Uno sguardo che non si ferma alla superficie delle cose, ma le attraversa, cercando nella pittura la chiave per un dialogo tra materia e spirito, tempo e memoria. Crespi, che aveva già incontrato Bonjour in occasione delle mostre di Lugano e Locarno, riconosce nella sua pittura una qualità “di immediatezza quasi emotiva”, capace di unire rigore e suggestione lirica. L’artista — scrive — “sfugge a categorie e formule storicistiche”: la sua è una pittura che non si fonda su concetto o natura, ma su un processo di autoanalisi che trasforma il segno in pensiero visivo. Le sue forme “si levano dalla notte, dal buio, dal caos originario” per diventare presenze di luce, apparizioni di un universo interiore in costante metamorfosi. Bonjour, secondo Crespi, vive la pittura come un rito conoscitivo, dove ogni gesto è al tempo stesso rivelazione e ascolto. Le sue opere — dai cicli dedicati ai “messaggi” e alle “città” fino al Libro del mondo — rivelano un linguaggio in bilico tra astrazione e figurazione, tra tensione metafisica e intensità sensuale. In questo, il suo percorso trova consonanza con la riflessione di Dürrenmatt e con quella di Francesco Arcangeli, che nelle sue Impressioni di Svizzera descriveva una natura “di immensa lacrima”, sospesa fra malinconia e rivelazione. La pittura di Bonjour, scrive Crespi, “è totalità dei segni nel paesaggio grafico dell’universo interiore”. È un’arte che supera il visibile per aprirsi all’infinito, dove il bianco e il nero, la luce e l’ombra, diventano strumenti di conoscenza. In questo sguardo “oltre i limiti”, Bonjour restituisce alla pittura il suo valore originario: quello di un linguaggio universale capace di nominare l’ineffabile e di trasformare l’atto artistico in esperienza spirituale.

2004

Cavallier Pellanda - Antologica
Biasca / Catalogo

Il saggio critico di Claudio Guarda, L’attimo fuggente tra pittura e scrittura: capitolo di un percorso, accompagna l’opera di François Bonjour come una lettura retrospettiva e insieme attuale della sua ricerca artistica, vista come un lungo dialogo fra pittura, segno e parola. L’autore individua nella produzione più recente dell’artista una fase di rinnovata intensità espressiva, in cui confluiscono le esperienze precedenti — dagli esordi figurativi allo sperimentalismo polimaterico, fino alle sintesi astratto-liriche degli anni più maturi. Guarda analizza il percorso di Bonjour come una continua tensione tra forma e libertà, istinto e struttura, materia e segno. Il suo linguaggio pittorico, nato da un impulso gestuale e da un’urgenza poetica, si trasforma progressivamente in un sistema complesso di relazioni tra linee, colore, ritmo e spazio, capace di fondere la mobilità della pittura con la scansione temporale della scrittura. Ne emerge una pittura che riflette e assorbe la memoria del gesto, facendosi “scrittura visiva” e tempo dipinto. Il testo sottolinea inoltre come la ricerca di Bonjour si muova tra astrazione e figurazione, tra lirismo e rigore formale, trovando nella leggerezza del segno e nella densità materica i poli di un equilibrio dinamico. Nella sua ultima stagione l’artista sembra raggiungere una piena consapevolezza del proprio linguaggio: una pittura essenziale, libera, dove il ritmo diventa protagonista assoluto e la forma è trascesa in un gesto poetico che unisce musica, parola e immagine.


2004

Galleria "Fondazione Patelli"
Logarno / Catalogo

Nel catalogo della mostra alla Fondazione Patrizio Patelli di Locarno (2004), emerge un ritratto corale e profondo dell’opera di François Bonjour, costruito attraverso le parole dell’artista e di tre autorevoli interpreti della critica contemporanea. Bonjour introduce personalmente l’esposizione sottolineando che si tratta di una “testimonianza segnica della mia ricerca”. L’artista dichiara di non voler proporre una ripetizione della precedente mostra alla Galleria La Colomba, ma di offrire un’occasione autonoma per mostrare “carte preparatorie che vivono una loro dimensione personale”. La sua voce — rara nei cataloghi — rivela un approccio introspettivo: un’arte che si fa diario, luogo di riflessione interiore, in cui il disegno assume la stessa dignità della pittura. Nel suo intervento, Simona Ostinelli (Corriere del Ticino, 22 aprile 2004) descrive Bonjour come un pittore che dipinge “una pagina di diario con una storia che l’artista porterebbe sempre con sé”. I segni — bianchi e neri, ritmati come musica — incarnano una memoria originaria, oscillando tra istinto e controllo, automatismo e coscienza. La sua pittura, scrive Ostinelli, nasce dal cuore della materia, nel punto in cui gesto e pensiero coincidono, in una “pittura aperta a espressioni linguistiche multiple”. Stefano Crespi riprende il tono lirico e riflessivo già espresso nel catalogo La Colomba, definendo l’opera di Bonjour una “condizione simbolica”, dove il segno diventa “voce, ritmo e sospensione”, un modo per “prendere il cuore” dello spettatore, in un dialogo fra figurazione e interiorità. Infine, Werther Futterlieb (Rivista di Lugano, 16 aprile 2004) colloca Bonjour nel solco di Paul Klee e Robert Walser, riconoscendogli una qualità poetica rara: un’“aristocrazia del silenzio” che trasforma la pittura in un canto sommesso. I suoi segni, scrive Futterlieb, “divengono poesia allo stato puro”, in un flusso continuo di vita e memoria. Insieme, questi contributi delineano un artista che abita il confine fra gesto e pensiero, tra pittura e scrittura, trasformando la superficie in spazio di meditazione visiva e poetica.

2004

Galleria "La colomba"
Lugano / Catalogo

Nel saggio La pittura e i segni del mondo, Stefano Crespi esplora la poetica di François Bonjour come un percorso di rivelazione e di ascolto profondo della materia e del segno. L’artista, scrive Crespi, appartiene alla rara categoria dei pittori che uniscono intuizione e disciplina, immaginazione e misura, lavorando sul confine tra l’immagine visibile e la sua interiorità invisibile. La sua pittura è un linguaggio che non illustra ma evoca: un lessico di gesti e silenzi che si nutre della memoria del mondo, e ne restituisce frammenti come tracce di una scrittura primordiale. Bonjour costruisce superfici di segni che non vogliono spiegare ma suggerire: linee, graffi, cancellature, tracce di parole e figure che si intrecciano come alfabeti dimenticati. L’immagine diventa così un campo di tensioni, un “foglio di poesia” dove si depositano emozioni, presenze, ricordi. La pittura assume la qualità di una voce — una “voce del cuore”, direbbe Crespi — che emerge tra pause e ritmi, tra figurazione e astrazione, come se ogni quadro fosse un respiro del tempo. L’autore colloca il lavoro di Bonjour in una tradizione che va da Klee a Sironi, da Licini a Mirò, artisti che hanno fatto del segno e della linea un tramite tra spirito e materia. La pittura di Bonjour, tuttavia, si distingue per la sua dimensione intima e visionaria: un “foglio” che diventa spazio di meditazione, luogo di incontro tra parola e silenzio, tra gesto e pensiero. Crespi parla di “presenza” come cifra essenziale dell’artista — una pittura che è insieme archetipo e percezione, forma e fenomeno, sogno e oggetto. In essa convivono luce e ombra, memoria e invenzione, nell’eco poetica di una “leggerezza calviniana” che toglie peso al mondo per restituirne l’anima. Le opere di Bonjour si fanno così messaggi di confine, mappe interiori di un’esistenza che attraversa la materia per ritrovare, nel segno, l’incanto originario del vedere e del sentire.

2002

Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni
Lugano / Catalogo

Nel testo François Bonjour, Stefano Crespi interpreta l’opera dell’artista come una ricerca di senso e di linguaggio, condotta in una dimensione poetica e simbolica. Bonjour — scrive Crespi — si colloca in un territorio di confine tra materia e pensiero, pittura e scrittura, in cui ogni segno nasce come parte di un racconto in divenire. L’artista non offre certezze, ma un invito all’ascolto: un viaggio nel tempo interiore della pittura, un “qui del mondo” che esiste solo nel gesto e nella memoria del colore. Le opere di Bonjour non hanno cornice né titolo, non appartengono a una tipologia tradizionale. Sono pagine visive dove il segno scorre come ritmo e respiro, secondo una “scansione ritmica” che Crespi definisce quasi musicale. La pittura non si ferma all’immagine ma diventa evento, flusso, pulsazione del tempo. È una scrittura continua che si rigenera come le onde o le gocce di pioggia, capaci di restituire la verità minima e miracolosa della materia. Crespi sottolinea come la pittura di Bonjour non rimandi a un codice figurativo o concettuale, ma si apra a una percezione fluida e intuitiva, dove gesto e luce si fondono in un’unica esperienza sensoriale. L’artista, vicino per sensibilità a Paul Klee e a Robert Walser, vive la pittura come luogo di solitudine e ascolto, dove il segno diventa “presenza”: traccia dell’umano, nudo archetipo di emozione. Nella visione di Crespi, Bonjour rappresenta un esempio raro di libertà poetica e intellettuale, un pittore che accetta l’“esonero dalle categorie” per esplorare la grammatica estrema del bianco e del nero, del giorno e della notte. Le sue opere nascono da una curiosità inesauribile verso l’origine del segno, e nel loro silenzio custodiscono una verità antica: che la pittura, quando torna a essere esperienza viva, non descrive ma accade — come un pensiero che si fa luce, come una parola che rinasce nella materia.

1977

Galleria del Bosco
Bosco Luganese / Catalogo


1971

Galleria Tonino
Campione d'Italia / Catalogo